Ce le indica Massimo Roscia, autore esperto di lingua italiana che debutterà a teatro con GRAZZIE, uno spettacolo tutto incentrato sulla lingua italiana.
MILANO – “buongiornissimo”, “apericena”, “ma anche no”, oltre a “senza se e senza ma”, “e quant’altro”, per non parlare di “mission”, “location”. Sono queste alcune parole ed espressioni che utilizziamo quotidianamente in maniera eccessiva secondo Massimo Roscia, autore esperto di lingua italiana che debutterà a teatro con GRAZZIE, uno spettacolo tutto incentrato sulla lingua italiana e sull’uso talvolta bizzarro e poco convenzionale che ne facciamo. Il debutto è previsto il prossimo venerdì 22 febbraio al Teatro Caos di Chianciano Terme, con replica la sera seguente al Teatro degli Astrusi di Montalcino. In questo “spettacolo grammaticale”, Massimo Roscia nelle vesti di “scanzonato paladino della lingua”, porta in scena un ricchissimo campionario fatto di congiuntivi maldestramente invertiti con i condizionali, mutilazioni della lettera H ed altri strafalcioni che ci anticipa in questa intervista.
Dopo i libri sull’argomento, come nasce l’idea di uno spettacolo teatrale dedicato alla lingua italiana?
Sono ormai diversi anni che giro l’Italia, in lungo, in largo e talvolta anche in diagonale, per presentare i miei libri e divulgare il verbo. Puntualmente, al termine di ogni presentazione, tra un applauso e un complimento, una foto (perlopiù sfocata) e una dedica (perlopiù apocrifa), c’è sempre qualcuno che mi si avvicina e, con tono adulatorio, dice: «sei un animale da palcoscenico». L’idea è nata da qui. Il mio agente, prendendo forse troppo alla lettera queste generose parole, ha pensato di allestire uno spettacolo teatrale. Il problema è che negli ultimi giorni l’atteggiamento del pubblico nei miei riguardi sembra essere profondamente cambiato: oggi non mi dicono più «sei un animale da palcoscenico», ma solo «sei un animale», tout court. A questo punto temo che il mio agente possa costringermi, per analogia, a debuttare in uno zoo. E la cosa mi spaventa.
Quali sono gli strafalcioni ai quali dedicherai maggiore spazio all’interno dello spettacolo?
Quelli che vengono commessi a danno dei poveri accenti, degli apostrofi e dei segni di interpunzione che, essendo piccoli e indifesi, sono i più maltrattati; le sevizie inflitte ai nobili congiuntivi, sviliti a rango di semplici indicativi o, peggio, maldestramente invertiti con i condizionali; le mutilazioni della lettera H, che compare dove non dovrebbe (vietato hai minori) e scompare dove invece dovrebbe essere presente (non o capito). E poi, le inversioni di singolari e plurali e di maschili e femminili, le reggenze errate, gli impianti desinenziali presi a morsi, le proliferazioni del che polivalente, le invasioni di neologismi, forestierismi e tecnicismi.
Perché “Grazzie”?
Perché il raddoppiamento grafico della zeta è più frequente di quanto non si creda: azzione, reazzione, popolazzione, abbazzia, burocrazzia, eccezzionale, azzoto, vitalizzio, trapezzio, ozzio, pigrizzia, giustizzia, liquirizzia, nazzista, polizzia, idiozzia, azzienda, armistizzio, confezzione, emozzione, eccezzione, addizzione, sottrazzione, moltiplicazzione, correzzione, punizzione… Vado avanti con l’elencazzione?
Infine, ti chiediamo di dire la tua in merito al tormentone degli ultimi giorni: “scendo il cane” si può usare o no?
Da quando Vittorio Coletti, stimato linguista e accademico della Crusca, ha uscito un suo articolato ragionamento – che in pochissimi hanno letto – sulla legittimità, “in usi regionali e popolari”, di costruire il verbo sedere e altri verbi di moto con l’oggetto diretto, si è scatenato l’inferno. L’Italico web si è subito spaccato (dividendosi, come al solito, tra guelfi e ghibellini, garantisti e giustizialisti, curva nord e curva sud, noi e loro) ed è stato inondato da un’inarrestabile marea di trending topic (come li chiamerebbero gli anglofighetti) a base di «esci la macchina dal garage», «tornami i soldi (che ti ho prestato)», «esci il dizionario» e gli immancabili «scendi il cane (che lo piscio)» ed «esci il bimbo mangiato (che lo gioco)». Per porre fine alla polemica, montata dal nulla sulla base di incomprensioni, titoli fuorvianti, deformazioni multilivello, disinformazione e un pizzico di malafede, è dovuto intervenire addirittura il presidente dell’Accademia della Crusca, Claudio Marazzini, che ha spiegato che questi modi di dire sono eccezioni alla regola “nell’ambito della lingua parlata”, che possono essere tranquillamente usati in contesti colloquiali, ma che a tutt’oggi continuano a essere inammissibili in contesti scritti e formali.
Quali altre espressioni simili sono a tuo parere da matita rossa, nonostante siano entrati nel linguaggio colloquiale?
Per quanto mi riguarda, al di là – scritto con grafia separata e non aldilà, come ogni tanto mi capita di leggere – del colore della matita, continuerò indomito a portare avanti la mia crociata contro le mission, le location e altri insopportabili esotismi (che spesso sono scritti male, pronunciati peggio e non compresi affatto), le raffiche di senza se e senza ma, gli e quant’altro buttati là a galleggiare con le loro code inespresse verso il nulla eterno, le apericene (che rappresentano, a mio avviso, la vera incarnazione del maligno), gli anche no, i fastidiosi buongiornissimo e altre mostruose espressioni che, seppur corrette da un punto di vista grammaticale, arrecano offesa alla lingua italiana, al buon senso e alla pubblica decenza.