TRA FATAH E HAMAS, C’È UNA SINISTRA CHE RESISTE, Palestina Rossa
Molto forte negli anni 1970-1980, la sinistra palestinese è stata relegata in secondo piano e non ha saputo approfittare della seconda Intifada per rimettersi in sella. Diventata una forza secondaria sul piano della lotta armata, potrà riacquistare consensi facendo leva sulla “società civile”?
Il primo gennaio 2009 il Fronte di sinistra, composto da FPLP, FDLP E PPP, ha pubblicato una dichiarazione firmata dalle “forze della sinistra palestinese” per “capire come fronteggiare l’aggressione criminale sionista contro il nostro popolo e come resistevi”. Il testo in primo luogo sosteneva il dialogo tra Fatah e Hamas, i cui scontri stavano diventando una minaccia per il popolo palestinese. Il Fronte della sinistra auspicava, sul piano della lotta armata, “la creazione di un coordinamento sul territorio, con un posto di comando unico tra i differenti bracci armati senza eccezioni” per continuare “nella resistenza contro l’aggressore in maniera compatta”. Sul piano politico il Fronte chiedeva la creazione di “comitati popolari nei campi e nei quartieri, nelle città e nei villaggi, che includessero al loro interno tutte le forze politiche, le organizzazioni della società civile e le personalità nazionali che desideravano parteciparvi, in modo che queste strutture fossero in grado di organizzare tutte le forme di solidarietà e di aiuto per chiunque ne avesse bisogno”.
Queste sono le posizioni che ancora oggi identificano la sinistra palestinese nella sua diversità rispetto alle altre forze politiche.
Il FPLP
A sinistra, il Fronte Popolare di Liberazione per la Palestina (FPLP) è senza dubbio l’organizzazione più importante. È nato nel 1967 dal Movimento dei nazionalisti arabi (MNA) d’ispirazione panaraba, socialista rivoluzionaria e laica. Il MNA è stato fondato a Beirut nel 1948 dal siriano Constantin Zureik e dal palestyinese George Habash, precedentemente volontario nel corpo di spedizione arabo durante la guerra del 1948. L’organizzazione era ramificata in quasi tutti i paesi del Medio Oriente, con l’obiettivo di rovesciare le monarchie reazionarie e, in Palestina, di rompere il giogo sionista. Dopo la sconfitta della guerra dei sei giorni, nel 1967, ogni ramo del MNA è diventato autonomo. In Palestina ha virato verso un’ideologia marcatamente marxista e si è trasformata nel FPLP, guidato da George Habash.
Dalla sua fondazione il FPLP adotta la strategia della lotta popolare anti-imperialista. Si tratta di mobilitare le masse e organizzare una lotta armata autonoma, senza attendere la liberazione da parte di un’ipotetica guerra condotta dagli stati arabi della regione. Il FPLP lotta contro il sionismo, l’imperialismo, il capitalismo e le classi arabe corrotte.
Israele viene descritto come uno stato imperialista per natura, sostenuto dal sionismo mondiale, ma il FPLP afferma che in seno alla popolazione israeliana il proletariato è suscettibile di adottare delle posizioni rivoluzionarie.
Il movimento rivendica inoltre una Palestina egualitaria per ebrei e arabi, integrati in una nazione araba in Medio Oriente.
Per molto tempo il FPLP ha ricevuto un aiuto finanziario da Mosca, ma questo non gli mai impedito di essere critico verso il modello incarnato dall’Unione Sovietica.
Insediato in Giordania con le altre organizzazioni di fedayin, nel 1968 il FPLP ha aderito all’OLP e ha sviluppato un grande attivismo sul territorio. Si è fatto conoscere nel mondo per le azioni di dirottamento di aerei, ma ha rinunciato a questa pratica nel 1972 per concentrare le sue azioni in Israele e nei Territori occupati.
Seconda organizzazione palestinese all’interno dell’OLP dopo Fatah, il FPLP è stato, soprattutto in origine, molto influente nei campi profughi. Dal 1973 è in opposizione rispetto all’orientamento di Fatah, ma ha sempre rifiutato la scissione dall’OLP per non indebolire la resistenza palestinese.
Contrario agli accordi di Oslo del 1993, il FPLP si è riconciliato con Arafat nell’agosto 1999 all’inizio dei negoziati di pace, ma non ha mai accettato la soluzione due stati se non come soluzione temporanea, per creare un clima pacifico.
Come ha spiegato il segretario generale del FPLP Ahmed Saadat: «la lotta per un solo stato democratico, senza alcuna forma di discriminazione etnica o religiosa non deve mai interrompersi, poiché è la sola soluzione possibile per risolvere i problemi, quello dei palestinesi del 1948 e quello del diritto al ritorno».
Dopo gli anni ’70-’80 il FPLP non è più riuscito a recuperare la sua importanza: la crescita dell’islamismo l’ha indebolito, così come gli omicidi israeliani mirati – il suo segretario generale dell’epoca, Abou Ali Mustafa è stato ucciso nel 2001 mentre si trovava nel suo ufficio a Ramallah dal lancio di alcuni razzi. Il FPLP ne ha approfittato per dimostrare che era ancora in grado di rispondere all’attacco assassinando il ministro israeliano di estrema destra Rehavam Zeevi.
Oggi il FPLP dichiara la sua opposizione tanto alla corruzione e alle posizioni conciliatrici di Fatah quanto al potere di Hamas nella striscia di Gaza. Ma le relazioni con quest’ultima organizzazione sono determinate dalla necessità di collaborazione imposta dalla resistenza: «il FPLP e Hamas [operano] nel campo della resistenza, il campo che difende il nostro popolo, la nostra causa e i nostri diritti fondamentali», afferma l’organizzazione. E uno dei suoi dirigenti, Khalida Jarrar, ha dichiarato che «come in altri movimenti rivoluzionari, per esempio in America latina, può accadere che, in determinati momenti storici, sia necessaria una collaborazione tra marxismo e religione». Nel 2005, la militante del FPLP Janette Khoury, 62 anni, ha sconfitto il sindaco di Ramallah (appartenente al partito di Fatah) con il sostegno di Hamas, diventando la prima donna sindaco di una grande città palestinese. Ma al di fuori di questo feudo la sua influenza resta flebile: alle elezioni legislative del 2006 ha conquistato il 4,2% dei voti, preceduta da Hamas (42,9%) e Fatah (39,8%), ottenendo i risultati migliori a Bethlehem (9,4%), Ramallah (6,6%) e Gaza Nord (6,5%)
FDLP
Il Fronte Democratico di Liberazione della Palestina (FDLP) è nato nel 1969 da una scissione dal FPLP, accusato di occuparsi troppo di questioni militari trascurando il terreno politico e ideologico.
Nei primi anni si è radicato principalmente nei campi profughi libanesi e nei territori occupati.
Come per il FPLP, il FDLP è favorevole alla creazione di uno stato palestinese socialista, senza classi, dove arabi ed ebrei possano vivere in pace nel rispetto reciproco delle loro culture. Paradossalmente però il suo leader, Nayef Hawatmeh, è stato il primo – ben prima di Arafat – a sposare la soluzione provvisoria dei due stati separati. Dal 1970 il FDLP intrattiene un dialogo approfondito con il Matzpen israeliano (un’organizzazione socialista).
La lotta armata non è trascurata dal FDLP che, negli anni ’70, organizzò delle azioni sia contro dei soggetti militari sia contro dei soggetti civili israeliani.
Contrario, come il FPLP, agli accordi di Oslo, il FDLP ha fermato lo scontro durante il “processo di pace” di Oslo. Membro dell’OLP, cerca di preservarne l’unità.
Dopo l’inizio della Seconda Intifada nel 2000 l’organizzazione, anche se notevolmente indebolita, ha lanciato alcuni attacchi contro le colonie.
Alle elezioni legislative del 2006, il FDLP ha creato una lista in coalizione con il PPP e l’Unione democratica palestinese, ottenendo il 2,8% dei voti.
PPP
Il Partito del Popolo Palestinese (PPP) è in un certo senso il partito politico palestinese più vecchio, poiché affonda le sue radici nel Partito Comunista della Palestina (PCP), fondato nel 1919. dopo molti decenni di allineamento con Mosca ha subìto delle trasformazioni importanti.
Dopo la creazione dello stato d’Israele il PCP si è sciolto nel PC giordano e i suoi membri hanno operato all’interno del movimento sindacale palestinese. Ricostituitosi nel febbraio 1982, il PCP è entrato a far parte dell’OLP nel 1987. la Prima Intifada è stata l’occasione per il movimento di ricrearsi una base popolare.
Con la dissoluzione dell’URSS e per evitare il crollo del partito, nel 1991 il PCP è stato rtibattezzato Partito del Popolo Palestinese. Il suo segretario generale, Bachir Barghouti, ha giocato un ruolo chiave nei negoziati di Oslo, e il partito di fatto ha appoggiato il processo di pace, visto come il mezzo per ottenere la creazione di uno stato palestinese indipendente e sovrano nei confini del 1967.
Lontano da questa logica, nel 2002 il PPP si è pronunciato a favore dell’Iniziativa araba, una inconsistente proposta di regolamentazione del conflitto palestinese formulata dal futuro re dell’Arabia Saudita Abdallah. Il FPLP e il FDLP si sono opposti a questa proposta poiché limitava il diritto al ritorno dei profughi prevedendo delle quote fissate da Israele.
Alle elezioni presidenziali del gennaio 2005 il candidato del PPP, Bassam Al-Salhi, ha ottenuto appena il 2,7% dei voti.
INP
La perdita d’influenza della sinistra palestinese tradizionale negli anni ’90 e la sua difficoltà a radicarsi nel proprio bacino, quello delle classi popolari, ha senza dubbio favorito la nascita, nel giugno del 2002, di una nuova organizzazione: l’Iniziativa Nazionale Palestinese (INP). Diretta da Mustafa Bargouthi, già membro del PPP, l’INP si definisce «un movimento nato dalla società civile con lo scopo di formulare una strategia che permetta al popolo palestinese di liberarsi dall’occupazione […] ridando alla società civile la sua autonomia d’azione». Il suo operato mira ad ottenere uno «stato di diritti, nel quale i diritti siano legati alla cittadinanza, al rispetto delle donne, dei bambini, dei disabili e al rispetto di tutti i diritti sociali» ed è una rottura rispetto al concetto di «lotta di classe» della sinistra palestinese. L’INP si basa ufficialmente sul rifiuto della gerarchizzazione e la creazione di una federazione di comitati locali, un’organizzazione giovanile e una femminile.