Come tutti i testi orientali antichi, L’arte della guerra di Sun Tzu pone complessi problemi di traduzione oltre che di tradizione e di definizione dell’autore. Abbiamo affrontato la questione già scrivendo della traduzione del Tao tê ching di Lao-tzu. La riprendiamo in questo libro, un grande classico sulla strategia militare che si rivela utile, per duttilità, anche in altri campi (soprattutto quello del marketing).
Chi è Sun Tzu
Di Sun Tzu, l’autore del libro, si sa pochissimo. Si soffermano su di lui brevemente tre importanti storici del pensiero cinese: A. Forke lo cita come scrittore di tematiche militari; Fung Yu-lan lo cita quando riprende un passo di uno storico confuciano; A.C. Graham ne riporta una parte del pensiero.
Sun Tzu sarebbe vissuto nel periodo “primavere e autunni”, cioè tra il 722 e il 481 a.C. Il sovrano di Wu, He Lü, impressionato dalla sua opera, lo avrebbe assunto e gli avrebbe affidato il comando dell’armata. Sun Tzu avrebbe vinto la guerra contro lo Stato di Ch’u.
Si sa che Sun Tzu era sostenitore di riforme, tra le quali due avviate dallo Stato di Chin: assegnamento ai contadini di più terreni e riduzione delle pene.
Non si hanno testimonianze storiche su di lui antecedenti al III secolo a.C. L’opera è stata scritta in base alla tradizione orale.
Che cos’è “L’arte della guerra”
L’arte della guerra è un trattato cinese di strategia militare, forse il più antico trattato al mondo su questo tema. È strutturato in tredici capitoli che elenchiamo qui di seguito seguendo la traduzione dall’inglese di Monica Rossi per l’edizione Mondadori del 2003:
1 – Valutazioni strategiche
2 – Operazioni belliche
3 – Strategia di attacco
4 – La forma
5 – Lo shih
6 – Il pieno e il vuoto
7 – Lo scontro armato
8 – Le nove trasformazioni
9 – Le manovre
10 – Le forme del terreno
11 – I nove terreni
12 – Attacco col fuoco
13 – Lo spionaggio
La vasta portata teorica e applicativa di questo testo è dovuta al fatto che, seppur finalizzato a vincere in guerra, esso può essere consultato per riflettere sui conflitti in generale. La vita, di fatto, è costellata di molteplici tipologie di conflitti:
“[…] il conflitto è componente integrante della vita umana, si trova dentro di noi e intorno a noi. Talvolta riusciamo abilmente a evitarlo, ma altre volte dobbiamo affrontarlo direttamente. Molti di noi hanno verificato il potere distruttivo insito nell’aggressione, sia personalmente, sia nei disastri prodotti dai conflitti armati, e anche i limiti di gran parte delle risposte politiche e personali a tali aggressioni. Come gestire tutto ciò in modo più incisivo ed efficace?”
(Introduzione. Applicare L’arte della guerra, in Sun Tzu, L’arte della guerra, a cura del Gruppo di traduzioneDenma, traduzione dall’inglese di Monica Rossi, Mondadori, 2011, p. VI.)
Diversi passi dell’opera rivelano un legame con le dottrine del Taoismo.
Il libro ha ispirato eccezionali personaggi storici che hanno agito in campo militare come Napoleone Bonaparte (1769-1821), Mao Tse-tung (1893-1976) e Douglas McArthur (1880-1964).
Le origini dell’opera
Si suppone che L’arte della guerra derivi dalla tradizione orale del IV secolo a.C.
Diverse versioni dell’opera si diffusero nel periodo degli Stati Combattenti, cioè tra il 453 e il 221 a.C. I rotoli, chiamati “fascicoli”, consistono in strisce di bambù di 30 cm legate da cordicelle di seta e arrotolate.
Secondo gli studiosi la versione attuale del libro inizia a formarsi nel IV secolo a.C. Stile e contenuti dimostrano che vi sono influssi di varie epoche. La forma definitiva viene elaborata tra l’XI e il XII secolo.
Come è stato tradotto il titolo
Il titolo completo dell’opera è Sun-tzu Ping-fa, il cui significato è “L’arte della guerra del maestro Sun”.
Nonostante il titolo scelto da gran parte dei traduttori sia L’arte della guerra, Ping-fa si presta anche ad altre traduzioni.
Fa può essere tradotto con “modello”, “arte” e “tecnica”. Ping può essere tradotto con “strategia”, “guerra” e “truppa”.
Il cinese classico e alcuni problemi di traduzione
L’arte della guerra è un testo in cinese classico. Rispetto al cinese moderno, il classico ha un ritmo più cadenzato e misurato, tra la poesia e la prosa. Gran parte del testo è composto da frasi di quattro parole mischiate a frasi di metro irregolare.
Vi sono poi passi in rima, utilizzati per lo più negli elenchi di cose per facilitare la memoria.
Oltre agli elenchi, il testo abbonda in ripetizioni e in frasi parallele.
Vi è un passaggio brusco di visuale dal “nemico” a “noi”.
Vi sono, poi, numerosi passi oscuri. La logica è talvolta compressa e i raccordi di difficile comprensione. Le difficoltà di interpretazione hanno spinto gli stessi cinesi a pubblicarlo accompagnato da commentari.
Una cosa interessante da notare è che le prime redazioni dell’opera, rispetto alle successive, hanno maggiore forza perché prive di quelle aggiunte che, nel corso degli anni, hanno cercato di ampliarne il respiro e di renderne più chiara la comprensione.
Una versione in bambù del II secolo a.C. ritrovata nel 1972 dimostra appunto che l’opera, in origine, aveva uno stile più crudo e una logica militare più profonda.