Aveva 88 anni, era stata la prima donna nera a vincere il premio Nobel per la letteratura.
Il Post 6 AGOSTO 2019
È morta la scrittrice statunitense Toni Morrison, che aveva 88 anni e il cui vero nome era Chloe Ardelia Wofford. La notizia della sua morte è stata data da una fonte interna alla casa editrice Knopf e in seguito confermata da Associated Press. Morrison aveva vinto il premio Nobel per la letteratura nel 1993 (fu la prima donna nera a vincerlo) e il suo romanzo più conosciuto è Amatissima, grazie al quale vinse il Premio Pulitzer nel 1988 e che fu pubblicato in Italia da Sperling & Kupfer nel 1996 e trasformato in un omonimo film diretto da Jonathan Demme e con Oprah Winfrey. Morrison aveva lavorato anche per quasi vent’anni come editor alla Random House, una delle case editrici più importanti al mondo. Nel 2010 fu insignita della Legion d’onore e nel 2012 della Medaglia presidenziale della libertà, rispettivamente le più alte onorificenze civili della repubblica francese e degli Stati Uniti.
Il suo libro più recente pubblicato in Italia è L’origine degli altri, uscito nell’ottobre 2018. In Italia è disponibile anche un libro, uscito nella collana I Meridiani, che «ripercorre attraverso sei fondamentali tappe il percorso narrativo di Toni Morrison».
Morrison è nota soprattutto per aver raccontato la storia dal punto di vista dei neri e in particolare delle donne nere, guadagnandosi l’ammirazione della critica e il successo commerciale. Il primo dei suoi 11 romanzi – «caratterizzati da forza visionaria e rilevanza poetica», secondo le motivazioni per cui le venne assegnato il Nobel – uscì nel 1970: The Bluest Eye (L’occhio più azzurro) era ambientato nel 1941 in Ohio e raccontava la storia di Pecola, una 11enne afroamericana cresciuta negli anni della Depressione con un complesso di inferiorità, che viene stuprata e messa incinta da suo padre. Il New York Times ne lodò il linguaggio «così preciso così fedele al linguaggio parlato e carico di dolore e meraviglia al punto che il romanzo diventa poesia». Pubblicò altri tre romanzi, nel 1983 si licenziò da Random House per dedicarsi a tempo pieno alla scrittura e nel 1987 pubblicò Amatissima (Beloved), una potente storia sulla schiavitù che prende spunto da un fatto di cronaca raccontato sui giornali nel 1855: la storia di una schiava che era fuggita dal Kentucky e che quando stava per essere catturata uccise la figlia per risparmiarle la schiavitù. Il libro è ambientato in Ohio nel 1873 e ha per protagoniste una donna e sua figlia adolescente che vivono in una casa infestata da fantasmi e ricordi inquietanti, dove un giorno compare una ragazzina di nome Beloved.
Morrison continuò a scrivere «senza avere lo sguardo dei bianchi» – come aveva detto al New York Times nel 2015 – romanzi ambientati dal XVII secolo ai nostri giorni. Sempre il New York Times spiega che per i lettori del Novecento la cosa più impressionante del lavoro di Morrison era la creazione di «un mondo dove i bianchi erano perlopiù assenti, una cosa molto rara all’epoca». Stupiva anche l’ambientazione dei suoi libri, nelle piccole cittadine del Midwest anziché nei ghetti urbani e nelle grandi piantagioni del Sud, dove si svolgevano tradizionalmente i racconti degli afroamericani. Morrison ebbe anche il merito di divulgare la letteratura e la cultura afroamericana, soprattutto grazie al suo lavoro a Random House. Nel 1972 lavorò al Contemporary African Literature, che selezionava il meglio della letteratura africana del tempo, lanciò una nuova generazione di autori afroamericani e pubblicò anche l’autobiografia Muhammad Ali, The Greatest. Nel 1974 compilò il Black Book, un’antologia di saggi, illustrazioni, fotografie e documenti che raccontavano la vita dei neri negli Stati Uniti dai tempi della schiavitù agli anni Settanta.
Morrison era nata nel 1931 a Lorain, in Ohio; era la seconda di quattro figli di una famiglia operaia. Fu cresciuta ascoltando canzoni e storie della tradizione afroamericana e si appassionò alla letteratura sin da piccola. Studiò alla Howard University, poi insegnò inglese per due anni all’università di Houston, in Texas, poi alla Howard per altri sette anni. Nel 1958 sposò Harold Morrison, un architetto giamaicano, e divorziò da lui quando era incinta del secondo figlio, nel 1964. Tirò su i figli da sola, lavorando in casa editrice e svegliandosi alle 4 del mattino per scrivere The Bluest Eye.
Alla scrittura Morrison affiancava il commento sulla vita contemporanea dei neri: fu lei a definire Bill Clinton «il primo presidente nero» («Clinton mostra quasi tutti gli stereotipi dell’essere nero: un ragazzino dell’Arkansas nato povero, cresciuto da un solo genitore, appartenente alla classe operaia, suona il sassofono e adora Mc Donald’s e il cibo spazzatura») e intervenne anche dopo l’uccisione di Trayvon Martin, il 17enne nero ucciso nel 2012 in Florida da un vigilante delle ronde di quartiere, George Zimmerman («due cose voglio vedere nella vita: una è un ragazzino bianco ucciso alle spalle da un poliziotto. Mai successo»). Morrison è anche la protagonista di tre documentari, usciti rispettivamente nel 2015, nel 2016 e nel 2019; quest’ultimo, Toni Morrison: The Pieces I Am, è diretto da Timothy Greenfield-Sanders.