“Ci sarebbe quest’idea, volevo parlartene ieri, ma poi la schiena…”
“Certo, la schiena. Di che si tratta?”
“Una fiction ispirata alla Medea”
“Medea”, ripeté Gabriella. accarezzando ogni mitologica vocale di quel nome, come a scandire il ponderoso universo di imbecillità che si era appena spalancato davanti a lei. “Medea, come no. Euripide è quello che ci vuol. Strano che a Netflix ancora non ci abbiano pensato. Alla concorrenza verrà un collasso, Gomorre, Suburre, Pontefici Avvenenti, Tangentopoli, e noi invece? Quel cazzo di Euripide. Davvero: è geniale. Medea. E tu saresti Pasolini suppongo”.
“Dai, non prendere per il culo. Immagina un serial ambientato ai giorni nostri. Protagonista Annamaria Franzoni”.
Fortuna che si era riproposto di essere sfuggente.
Con notevole aplomb Gabriella ingoiò quel nome senza scomporsi più di tanto, si fermò un paio di secondi giusto per riprendere aria.
Su questo impianto si struttura “L’amore per nessuno”, di Fabrizio Patriarca, edito da Minimum Fax. Patriarca riesce a fondere con forza la finzione e la realtà indagando il limite che costantemente definisce i due ambiti.
“L’amore per nessuno” racconta la storia di Riccardo Sala, sceneggiatore televisivo in crisi da diverso tempo, non solo lavorativamente, ma anche nei rapporti con le persone che lo circondano. Sala decide di investire in un serial tratto da Medea, ambientato ai giorni nostri e con protagonista Annamaria Franzoni.
Il linguaggio, veloce e ritmato, utilizzato da Patriarca, porta il lettore attraverso una storia che non ha solo l’ambizione di creare un rapporto tra verità e finzione, ma ha piuttosto l’intento di mescolarle sino al punto in cui il confine si sgretola e ogni personaggio reale può diventare finzionale e viceversa.
Sempre sul rapporto tra finzione e realtà sono in libreria due testi che mostrano ancora una volta la forza del linguaggio, capace di inventare e creare la realtà nella quale viviamo.
Il primo è “La stagione della Strega”, di James Leo Herlihy autore di romanzi dai quali sono stati tratti diversi film, anche vincitori di premi Oscar, come “Uomo da marciapiede”. “La stagione della Strega” è un libro che prende forza attraverso il linguaggio e le ambientazioni, il carattere visionario di Gloria, la protagonista, e del suo compagno di viaggio John. Entrambi in fuga da qualcosa: la famiglia per Gloria e la chiamata alle armi per il Vietnam per John; attraversano New York incontrando persone e trovandosi in situazioni straordinarie. La forza della visionarietà della scrittura è nella capacità non solo di vivere una finzione, ma di crearla. Scrive Herlihy:
“Ascolta, credi di essere simpatica, vero?” ribatté. “Voglio dirti una cosa, quella roba era merda degli angeli. Il fatto che me lo sia inventato non la squalifica, o no?”
“Certo che no”
“Cioè, posso creare la magia, giusto?” Sono un dio. Sono un dio, vero?”
“Sì, certo che lo sei!” risposi, ed ero serissima.
“D’accordo, allora aspetta e vedrai! Stanotte ci capiterà una cosa fantastica. E favolosa. […]”
Ancora una volta la capacità di creare finzione è nel renderla possibile, reale, accettabile. Il secondo libro pubblicato di recente e dalla fortissima vena visionaria è “Materia, la fuga degli elementi”, esordio di Jacopo La Forgia, pubblicato con Effequ. Materia è un libro che difficilmente si riesce a catalogare perché sconfina tra i generi e ritrova la sua identità nella cura estrema per la lingua utilizzata. Scrive Laforgia:
“In quell’anno accaddero molte cose. Si estinse il cinquanta percento delle specie animali, una parte del continente finì sott’acqua e molti dei quadri salvati dalle inondazioni vennero sfregiati dai vandali. Secondo molti era l’inizio della fine e nei primi tempi quello che accadeva gettò la gente nella confusione e nello spaesamento. Alcuni smisero di parlare, altri compirono stragi, altri ancora si diedero fuoco. Gabriele per tutto ciò provava un senso di colpa.”
Il contesto nel quale Elena, la protagonista, si trova è prossimo alla fine di un mondo ormai sommerso dalle acque e privo di molti animali estinti. Tutte le storie e i viaggi raccontati si intrecciano con le vicende di Elena, sino alla fine nella quale Elena dialoga con un elefante. I tratti onirici e visionari hanno uno spiccato accento all’interno della narrazione, che tuttavia non perde mai di vista i punti di contatto con la realtà dalla quale scaturisce.
Le ultime due segnalazioni di alcune delle pubblicazioni più interessanti delle case editrici indipendenti, sono due testi che meritano attenzione. Il primo è un volumetto di poche pagine, pubblicato da Mimesis e intitolato “L’insonnia dello spirito”. Una raccolta di lettere che, negli anni che vanno dal 1936 al 1941, Emil Cioran inviò a Petre Tutea. Il racconto sulla condizione di scrittore, ma anche su ciò che accadeva intimamente durante anni molto duri sia per l’Europa, sia per Cioran, da poco trasferitosi in Francia come apolide. Scrive Cioran:
“Caro Petre Tutea,
quella foto, dove qualcuno potrebbe scambiarci per venditori delusi o profeti dementi, smarriti nella zoologia romena, mi ha persuaso del fatto che condividiamo la maledizione della stessa sorte. Entrambi siamo destinati a protestare in quest’anfratto sperduto del mondo e a conservare, attraverso la sofferenza, l’insonnia dello spirito. Non perché in un altro angolo dell’universo potremmo essere felici (dato che non troveremmo Dio da nessuna parte, tuttavia ovunque sapremmo cos’è la morte); eppure il fatto che qui la gloria mi sembra inutile e impossibile mi riempie di una strana amarezza, surreale e incomprensibile. Siamo così soli che possiamo confrontarci soltanto con Dio.”
Il secondo è una raccolta di racconti particolarmente interessanti pubblicati da Edizione Alpha Beta Verlag. Il primo volume dedicato al “Risentimento” e curato da Giovanni Accardo, vede tra gli autori Nadia Terranova, Giorgio Vasta, Giorgio Falco, Elena Stancanelli e Alessandro Banda.
La particolarità della pubblicazione è che il libro è stato concepito in rapporto a un altro volume pubblicato in Germania che verrà tradotto in italiano nel prossimo anno, così come questo italiano sarà tradotto in tedesco. I racconti, molto diversi tra loro, riescono a mostrare una estrema qualità narrativa in autori che ci hanno abituati a testi più lunghi.
Esempio ne è il racconto di Giorgio Vasta, che affronta il risentimento non solo nel suo significato classico, ma anche come condizione esistenziale e sociale, oltre che nella sua accezione, si potrebbe dire, etimologica, di doppio sentimento. Scrive Vasta:
“Perché il risentimento è l’epoca. Se non fosse uno stato d’animo così comune e istintivo, oggi il risentimento potrebbe essere considerato come un modo di adattarsi all’ambiente, una strategia mimetica, la tecnica perfetta per costruire legami e per nutrirli: il tessuto connettivo, il legante: ciò che, facendo di ogni miseria un capitale, rende il singolare plurale, l’individuo molteplice […].”
Di tipo differente è il consigliatissimo racconto di Nadia Terranova, che, con uno stile che diventa sempre più unico e riconoscibile di testo in testo e dai romanzi ai racconti, affronta il rapporto intimo tra la letteratura, la morte e la vita. D’impatto fortemente letterario, all’interno di una raccolta di valore, il racconto di Nadia Terranova si suddivide in tre sezioni: i morti, i vivi e i morti, i vivi. Scrive Nadia Terranova nella sezione centrale:
“La verità, quella da cui non mi sento al sicuro, è che per raccontare gesti lucidi compiuti per assecondare quel desiderio, narrare il silenzio dell’annientamento e dell’attesa, serve uno spregio del ridicolo che non possiedo. Non sono una scrittrice abbastanza brava da saper raccontare cosa ho fatto mentre pensavo di togliermi la vita e come mi sono fermata un attimo prima, ed per questo che il ricordo – come gli altri due che compongono il presente trittico – è costruito intorno a un’assenza, al levare. Tolgo da qui il gesto che stavo per compiere.”
Con l’augurio che sempre più letteratura italiana di qualità possa esser tradotta, possa trovare spazio anche all’estero e possa vincere premi e riconoscimenti, bisogna seguire sempre con attenzione l’editoria indipendente che continua a proporre, scoprire e tradurre testi che meritano d’esser letti e amati.