Marco Mogetta 16 dicembre 2018
Caro Philip, oggi sarebbe stato il tuo novantesimo compleanno ma, come per i migliori replicanti della Nexus, la tua candela ha bruciato più velocemente di quella di un uomo normale, e si è spenta ormai da molti anni. Era il marzo del 1982 quando, a pochi mesi dall’uscita nelle sale di Blade Runner, un infarto ti ha portato via ancora molto giovane. Sarai lieto di sapere che quella pellicola ha alzato per sempre il sipario del tuo successo alla platea del grande pubblico, annoverandoti tra i classici non della sola fantascienza, ma della letteratura contemporanea.
Alla tua morte sei stato infatti incasellato tra i membri più eminenti del cosiddetto postmoderno, e posso garantirti che ti trovi in ottima compagnia. Chissà quante altre pagine mirabolanti avresti riempito tu che, secondo Ursula K. Le Guin, eri il Borges americano. Eppure, a trenta anni dalla tua precoce dipartita, la devastante potenza visionaria delle tue opere è ancora oggi capace di raccontare il presente, anticipando con drammatica precisione il nostro domani. Una longevità difficilmente riscontrabile in molti altri autori di fantascienza. Sono sicuramente numerosi gli spunti ancora oggi attuali rintracciabili nella tua produzione letteraria, come la paura del diverso, il pessimismo verso l’evoluzione della società, la confusione dell’individuo frastornato dalle sue medicine.
Tutte ansie fuoriuscite dalla carta per assumere forma nella quotidianità. Ma c’è un tema che, per diffusione e presa sull’immaginario, non ha più smesso di delineare la contemporaneità, ossia la realtà che non è quello che sembra. Forse anche troppo. Devi infatti sapere che l’opinione pubblica è oggi manipolata tramite le cosiddette fake news, ma nessuno te ne fa una colpa. Per oltre due decenni il tuo repertorio è stato avidamente saccheggiato da registi e sceneggiatori, garantendoti anche una notevole riconoscenza da parte di editori, eredi e librai. Noialtri umani di un ormai rodato terzo millennio, stiamo però attraversando un momento storico discutibile che, senza scomodare (per ora) ucronie come La svastica sul Sole e il suo mondo dominato dai nazisti, ti lascerebbe sgomento e amareggiato, o forse semplicemente incredulo.
Se è vero infatti che la storia tenda a ripetersi, dovrebbe esserlo altrettanto il fatto che certe lezioni dovrebbero restare impresse nel bagaglio immunitario della società per un tempo più lungo di tre generazioni. Eppure non è così. Fortunatamente ci restano i tuoi scritti per orientarci in questo presente che sembra per buona parte uscito dalla tua penna. Se potessimo fare una passeggiata insieme, ti mostrerei infatti che le tue metropoli multietniche sono praticamente la normalità, e che le automobili volanti ci aspettano praticamente al prossimo capitolo. Le dipendenze che ti hanno afflitto in vita, tanto da rifilarti la nomea di drogato cronico sono più diffuse di quanto tu possa immaginare. Un equatoriale circolo vizioso fatto di droghe, psicofarmaci, iperconnettivismo e distacco dalla realtà. Penso che alla fine avresti potuto perfino trovarlo fastidiosamente mainstream.
Perfino le meschinità denunciate nelle tue critiche alla società americana degli anni Sessanta fanno ancora parte della quotidianità. E risfogliando un tuo vecchio racconto realistico, L’uomo dai denti tutti uguali, ci ritroviamo ancora una volta a confrontarci con razzismo, disprezzo per le donne, becera invidia per il successo degli altri, inquinamento… Insomma, le anfetamine devono averti spalancato qualche finestra sul futuro, forse per questo il colpo della tua produzione è arrivato tanto vicino alla buca del pessimismo. Ah! Sappi che, per i dilatatissimi ritmi cinematografici di oggi, la sterminata sceneggiatura di Ubik che tutti hanno rifiutato sarebbe oggi assai spendibile e che, tramite una risorsa di cui ti parlerò un’altra volta, i cookie, lo spionaggio industriale globale che avevi immaginato in quello che è considerato il tuo miglior libro, avviene senza scomodare poteri psichici di sorta. Insomma, a trenta anni dalla tua partenza potresti voltarti indietro e sentirti soddisfatto del lavoro svolto. E anche se non sarebbe ancora possibile vincolare il cervello dei defunti alla non-vita di Ubik, per poterne ottenere consiglio e conforto, puoi sempre pensare che, per conoscere la tua opinione su certi argomenti, ci basta solo sfogliare le tue opere. Tanti auguri, ragazzo del futuro!