ROMA , 29 novembre, 2018 / 9:00 AM (ACI Stampa).-
Come si digiunava ai tempi di Gesù? Lo possiamo sapere leggendo il Talmud e in particolare il trattato Ta’anit che finalmente è stato tradotto in italiano ed è stato anche digitalizzato.
Il testo è il terzo dei più di 50 trattati del grande libro della sapienza ebraica che raccoglie il pensiero, le regole, il dibattito e le storia del Popolo Ebraico.
Da qualche anno il progetto Talmud ha messo insieme la forze di molti studiosi, del CNR, dell’ Ucei e della casa editrice “La Giuntina” per riproporre tutti i testi in italiano, una traduzione completa ed unificata.
Il Trattato Ta’anìt riguarda il digiuno rituale “esprime- come si legge nella introduzione del volume- la contrizione dell’ebreo di fronte a una disgrazia che ha colpito o minaccia di colpire la collettività o un singolo. È uno strumento di teshuvà, di ritorno al Signore. Con ciò l’uomo sancisce che quanto avviene non è casuale, bensì opera di Dio e conseguenza delle nostre azioni”.
Il volume è stato presentato alla Ambasciata Italiana presso la Santa Sedeil 27 novembre alla presenza di Gianfranco Di Segni, Coordinatore della traduzione; Noemi Di Segni, Presidente UCEI; Marco Bussetti, Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca; Massimo Inguscio, Presidente del CNR e Riccardo Di Segni, Rabbino Capo di Roma con Clelia Piperno, Direttore Progetto Talmud.
Sfogliando le pagine del Trattato Riccardo Di Segni ha messo a confronto alcune pagine del Vangelo con le indicazioni del Talmud, anche con espressioni che sono passate nel linguaggio comune come “attaccarsi al lembo del mantello” pratica raccontata nel Talmud. Il Talmud ad esempio ci indica che la maggior parte delle famiglie sacerdotali ai tempi di Gesù vivena nella zona di Gerico e così nella parabola del Buon Samaritano è normale aver inserito un sacerdote, perché era una strada comune per andare al Tempio.
Da parte del Ministro italiano è stato ribadito l’impegno culturale per dare spazio alla cultura ebraica italiana e al sacro. “ Il Talmud- ha detto- ci insegna che la verità appartiene a Dio” e questo impegno di traduzione è anche un modo per rimediare alla “vergogna incancellabile” delle leggi razziali.
Il Ta’anit fa comprendere al pio ebreo che il “digiuno rimarrebbe privo di significato se non fosse accompagnato dalla preghiera e dall’analisi scrupolosa del proprio operato, tutte componenti essenziali del processo di teshuvà”. Bello il racconto di Gianfranco Di segni che ha riportato i presenti nelle pagine dei racconti che fanno da sfondo alla norma, come quella che spiega come si deve pregare perché la preghiera non è magia.
“Si può guardare al trattato di Ta‘anìt con nostalgia per la perduta immediatezza nel rapporto con il divino- si legge nella introduzione-la correlazione così netta e diretta fra meriti e pioggia ovvero colpe e siccità ci sembra oggi appartenere a una dimensione lontana, propria di individui dalla statura non più eguagliabile; la dipendenza così forte dalla pioggia per la sopravvivenza, almeno per una parte della popolazione mondiale ivi compresa quella che risiede in Israele, appare storia passata. Oggi la giornata-tipo stabilita dai Maestri del Talmud per i digiuni non è più in uso. Ciò è evidentemente il frutto di una mutata percezione delle nostre capacità, come singoli e come comunità”.
Il Progetto Traduzione Talmud Babilonese ha come obiettivo la traduzione digitalizzata in lingua italiana del Talmud Babilonese, la traduzione commentata, con testo originale a fronte in lingua ebraica e aramaica, viene realizzata con strumenti avanzati di linguistica computazionale e l’utilizzo di un’applicazione creata ad hoc.