La nuova generazione di scrittrici non ama posizionarsi tra le fila delle correnti femministe, ma ha sviluppato un’autonomia nel processo di scrittura che esula dalle realtà letterarie esistenti. L’uso riservato alla scrittura è, dal loro punto di vista, pratico, immediato, concreto e incisivo negli effetti.
Roma, 23 gennaio 2017, Nena News – La denominazione, “letteratura di genere”, potrebbe indurre a un approccio riduzionista nei confronti delle autrici e dei loro testi, con riguardo alle nuove possibilità d’interpretazione. Si tratta dell’insidia connaturata alla letteratura araba (e non solo), femminile, che pare influenzarne la percezione della sua sostanza. Quali sono le specificità della scrittura femminile? È corretto, circoscrivere la produzione letteraria femminile all’interno dei molteplici femminismi, intesi come movimenti/correnti di pensiero? Ed infine, a fronte della miriade di scritti firmati da donne, vi è una logica consequenziale nello stabilire una coincidenza tra, un romanzo che sfogli tematiche femminili, con l’ambizione di difendere l”esser donna’? A prima vista, sembrerebbe di no.
La nuova generazione di scrittrici arabe e mediorientali non ama posizionarsi tra le fila delle correnti femministe; si tratta di molte palestinesi, libanesi, turche, che hanno sviluppato un’autonomia nel processo di scrittura che, esula dalle realtà letterarie esistenti. L”uso’ riservato alla scrittura, è, dal loro punto di vista, pratico, immediato, concreto, incisivo negli effetti. Chi sceglie di non amalgamarsi alla prospettiva di genere, nel senso più classico della sua accezione (senza per questo disdegnare coloro che vi aderiscono), sono le donne proiettate ad esplorare e ad interpretare la realtà sociopolitica e culturale del proprio Paese, riconoscendo sia uno spazio, pubblico e privato, condiviso con altre donne, sia l’urgenza di una narrativa che plasmi le loro riflessioni.
Si può fare/produrre letteratura anche da un campo di rifugiati o da un ospedale o da un aeroporto o da qualunque struttura operi nel sociale; si può scrivere, in forma letteraria, quando si analizza la condizione di vita di un gruppo, o di una minoranza, o quando ci si preoccupa di indagare il perché di alcune forme di vita. Il riferimento è a una scrittura che riporti quanto accade in determinati luoghi, che aiuti a riformulare la concezione che ciascuno di noi ha di parti del mondo, che ridisegnare condizioni di vita. Le giovani autrici non definiscono la religione come l’aspetto che, tra tutti, determina la loro vita, piuttosto come una struttura socio-culturale arcaica che plasma il comportamento e dirige l’agire.
Non è dunque, dal loro punto di vista, la tradizione religiosa a marcare la vita femminile, quanto, il monolitismo del sistema patriarcale, quale fonte di marginalità. In quest’ottica, la loro vocazione letteraria si traduce in attivismo e impegno sociale, ideologico, politico e culturale; nella volontà di evidenziare storie di esclusione, che toccano le donne, ma anche di oppressione, che raccolgono la spinta dall’assetto della società (e non dalla religione).
In che modo, una donna che ha dalla sua parte un potentissimo strumento di autorealizzazione, quale la scrittura, reagisce alle condizioni imposte da situazioni esterne? Una prima reazione è documentare ciò che vede intorno a sé e, sente di avere in comune con altre donne; scrivere del proprio vissuto, legandolo a quello di altri. L’elemento presente nella letteratura araba femminile degli ultimi anni (non marcatamente femminista), è quello biografico: raccontarsi in prima persona. In contesti socialmente e etnicamente gerarchizzati, le norme comportamentali prestabilite e le relative osservanze, rappresentano un incentivo al rigido controllo sociale.
Tale precisazione, dovrebbe ostacolare letture semplicistiche condotte attraverso la sola lente della religione, pur non negando, nelle analisi delle pratiche culturali, una linea di contiguità tra la condizione di fatto, che interessa “la donna musulmana” e una società più tradizionale, di stampo patriarcale, in cui l’appartenenza a una classe inferiore (la cui esistenza è tacitamente riconosciuta), o ad una minoranza etnica o religiosa, è oggetto di forme discriminatorie.
È fuorviante, concepire una sorta d’incomunicabilità tra i due mondi, culturale e letterario, mediorientale ed occidentale, così come delle rispettive voci. Ciò che la scrittura femminile cattura e rielabora, dai generi letterari diffusi in Europa, ad esempio, è la funzione della parola come rivendicazione della libertà di espressione, mentre il racconto e il romanzo, sono i generi scelti per abbattere la staticità di un ruolo femminile codificato. Dunque, le “letterature” si parlano e comunicano; un loro confronto ed intercambio è inevitabile.
Lo stile di scrittura femminile rivela le potenzialità espressive inscritte nella letteratura generata dalle donne: individuata, dal piano stilistico e formale, da una specifica trama e argomenti. I contenuti letterari appaiono inscindibili dal contesto sociopolitico e culturale e, dalle connessioni con i rapporti affettivi, il corpo femminile, il peso delle convenzioni sociali e l’essere madre. Un passaggio ulteriore, è avvertito dall’esigenza, da parte delle “nuove” scrittrici, di esplorare il campo della cultura e delle arti, allo scopo di inviare messaggi universalistici che, oltrepassino il Paese di nascita.
A questo, ha contribuito, l’aver individuato la natura di “disciplina della scrittura”, che si collega alla necessità di possedere competenze sedimentate quando si tratta di carpire, penetrare immagini e tradurle in rappresentazioni che, rispondano al bisogno di costruzione della propria individualità e di ricerca incessante, in tal senso, la letteratura si sta trasformando in forma di militanza attiva e resistenza intellettuale. Nena News